domenica 17 gennaio 2016

Il tempo della mente

Pensavate che avessi gettato la spugna. Che mi fossi stancata di scrivere per qualche decina di lettori. E invece vi è andata male (o bene, dipende dai punti di vista).
Dopo quasi due mesi di pausa, trovo le risorse per scrivere di nuovo. Lo faccio partendo da una considerazione che ben si connette al mio recente silenzio. 

Il tempo. Possiamo davvero misurarlo in ore, minuti e secondi? Esiste solo un tempo fisico o forse ce n'è anche uno psicologico. Per come ho impostato la domanda, avrete già capito che sostengo la seconda ipotesi. Eppure le due questioni devono essere in un qualche maniera collegate. Per esempio si potrebbe dire che troppi impegni tolgono il tempo materiale per dedicarsi alla riflessione e alla scoperta del sé. Ma allo stesso modo qualcuno avrebbe da insinuare che una vita estremamente tranquilla impoverisce lo spirito, impigrisce il cervello.


Tutto e il contrario di tutto. Forse la risposta è relativa.
(Grande, Chiara, stai cercando di aggirare il problema)
Lo è se si parte dal presupposto che l'efficienza mentale deriva dalla serenità interiore e quest'ultima varia in base a due fattori: le vicissitudini e la personalità di che le affronta. Dunque, se una persona iperattiva come la sottoscritta si trova costretta nel deserto dei tartari con null'altro da fare che prendere il sole, vedrete come manderà al macero blog e non blog. D'altra parte, c'è chi avrebbe la stessa reazione se catapultato in una routine densa di scadenze e di impegni, con la sensazione di essere sempre in ritardo.

Il punto è che non conta solo la disponibilità temporale in senso stretto, bensì la predisposizione mentale a sfruttare quel tempo. Vi è mai capitato di avere un pomeriggio libero, di proporvi grandi progetti e poi di trovarvi spalmati sul divano a sonnecchiare pur non avendo sonno, con la televisione accesa ma senza guardare nessun programma, con il cellulare in mano mentre sfogliate ebeti le home dei social network? Io la chiamo inettitudine, ma non quella di Svevo, che sapeva più di depressione e male di vivere. Intendo proprio torpore mentale. La non voglia che mai verrà da sola.

Secondo la mia esperienza, il letargo cerebrale si autoalimenta. Più lo si trascina, più è faticoso uscirne, esattamente come alzarsi al mattino presto dopo settimane di vacanza. L'unica soluzione è iniziare a muovere un dito, grattarsi un neurone e partire dalle piccole cose, come questo post, che non dà nessuna grande notizia, nessuna informazione particolare. Solo, interrompe un silenzio.