Avevo toppato. Per dirla in maniera gergale. E l'avevo fatto perché mi ero fermata alla recensione e non alla lettura. A quel che si dice e non a quel che è.
Insomma, mi sono fatta abbindolare anch'io dal fascino dell'intellettualismo radical chic. Avevo bollato le Winxs come prodotto della globalizzazione, come - per dirla alla Benjamin - esempio di perdita dell'aura dell'opera d'arte (perché un giocattolo è intrinsecamente un'opera d'arte). O, stando al verbo di mio nonno: un'americanata.
Poi, una sera della settimana scorsa, mi sono imbattuta per caso in una puntata di Virus (rai 2), dove era ospite Iginio Straffi. Appunto l'inventore delle Winxs.
Nemmeno cinquantenne, Straffi è regista e produttore televisivo, oltre che imprenditore. Nato a Gualdo, un piccolo paese montano in provincia di Macerata, ha iniziato la sua carriera come disegnatore e fumettista durante gli anni dell'università, proseguendo poi la sua formazione in Francia e Lussemburgo, dove aveva accettato alcuni incarichi sempre nel campo dell'arte grafica. Nel 1995 è tornato però in Italia, per fondare quello che inizialmente era un piccolo studio di animazione, la Rainbow, ma che è divenuto nel corso degli anni il più grande centro di produzione a livello europeo. Oltre alla serie televisiva Winxs Club, vengono realizzati quattro lungometraggi di animazione con protagoniste le sei fatine e una fitta catena di merchandising. Oggi Iginio non disegna più, evidentemente perché non ne ha il tempo: è presidente e amministratore delegato della Rainbow Group, una holding con ben undici aziende, leader nel settore tele-cinematografico. Ha una moglie (sudcoreana, conosciuta in Francia) e una bambina (che ovviamente guarda le Winxs).
Ora, senza dubbio la sua non è una storia unica. Anzi, potrebbe sembrare la solita fuga di cervelli (cervelli dentro corpi che possono permettersi di fuggire, sottolineerei). Se non fosse che la Rainbow oggi dà lavoro a oltre 300 dipendenti. Anche questo numero, in realtà, non dice molto, ma va piuttosto rapportato al comparto cui si riferisce, quello creativo: grafici, fumettisti, sceneggiatori ed esperti di marketing e comunicazione. Poi c'è tutto il resto, vale a dire il merchandising, con l'esportazione mondiale di giocattoli e disegni italiani.
Certo, non è che il signor Winxs assuma proprio tutti. Basta andare sul sito della Rainbow, dove sono chiaramente espressi i requisiti per far parte del gruppo: eccellenza, innovazione, qualità, creatività, dinamismo, passione e orgoglio, internazionalità. Insomma, dite poco. Ma se è arrivato fino a qui, forse è anche per questa mentalità - bisogna ammettere - poco italiana. Ed è per questo che merita menzione. Una verità scomoda ma banalissima: per avere successo serve fatica. Lo dice senza mezzi termini Iginio Straffi: <<Un giorno a Singapore, l'altro a New York, l'altro ancora a Parigi. Sono sacrifici>>. Gli stessi a cui sono tenuti tutti i dipendenti dell'azienda: <<Chi non lavora non ha vita lunga alla Rainbow>>.
In ogni caso, almeno per quelli di Loreto, la permanenza in ufficio è decisamente alleggerita dallo spirito filantropico con cui è realizzata la sede. Oltre 10.000 metri quadrati per un sistema integrato di uffici, laboratori, mensa, bar, spazi per il tempo libero, tra cui piscina, palestra, sauna e
bagno turco, campo da tennis e cinema 3d. Il tutto, ovviamente, eco-friendly, tanto che l'azienda si è aggiudicata la nomina tra le best practices come impianto realizzato con materiali e tecniche a basso impatto ambientale.
Un Crespi D'Adda del XXI secolo, insomma, anche se in un'ottica più americana che italiana: l'idea, cioè, di dare grande sostegno ai lavoratori e alle loro famiglie, in cambio di e come sprono alla massima produttività e fedeltà all'azienda. Lo Stato in questo periodo sta dando incentivi allettanti per gli investimenti, sia nel campo dell'eco-sostenibilità sia nell'assunzione di nuova manodopera giovane e specializzata. Ma il pessimismo allarmistico fa parlare più della (neo) Fiat Chrysler che della Rainbow, più dei tagli alle Regioni che dell'eco-bonus, più della disoccupazione giovanile che del progetto Garanzia Giovani. E così la gente si demoralizza. E non fa di certo come il signor Wimxs.
Ma, giusto per non fare l'encomio a Straffi, una considerazione di buon senso: queste fatine, dagli abiti sfavillanti, ogni volta diversi (altro che i puffi e Heidi, che avevano sempre lo stesso vestito), non potrebbero esistere che nel mondo della magia. E questa è un po' la nota dolente. La preoccupazione che le bambine o si convincano di potersi comportare come donne quando ancora la loro età anagrafica non glielo consente o pretendano, in futuro, di mantenere il corpo androgino prepuberale.
Eccetto questa opinione personale ma abbastanza condivisa, gli argomenti di attualità, come l'ambientalismo e l'integrazione multiculturale (i puffi erano tutti blu, Heidi e Clara erano ariane, le Winxs invece sono chiare e scure, bionde, rosse e corvine, con occhi giganti e a mandorla), sicuramente lasciano intuire un intento educativo alla base. Nemmeno questa è una novità per i film d'animazione destinati ai bambini, ma se non altro un motivo in meno per demonizzare e affogarci nella negatività. Insomma, si chiamano Winxs e non Fatine. Per questo forse piacciono un po' meno ai sinistroidi no global o ai destristi patriottici, ma in fondo a tutti gli altri, a quelli che hanno messo un fiore sulla tomba di Destra e Sinistra e che le lasciano riposare in pace, beh, a tutti loro non può fregare di meno.
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