Avevo undici anni quando lessi questo libro. E rimase il mio preferito per molto molto tempo.
Ambientato in Germania, in un futuro tanto attuale quanto passato, "Dopo la catastrofe" di Gudrun Pausewang racconta la storia dell'adolescente Janna-Berta e della sua vita sconvolta da un incidente nucleare.
E' a scuola quando danno l'allarme. All'inizio corre a casa e cerca di rifugiarsi in cantina con il fratello minore, ma poi l'impeto di scappare prende il sopravvento. E così corre via insieme al bambino, in bici per i campi di colza.
E pian piano perde tutto.
I capelli.
La madre.
Il padre.
Il fratellino.
Niente sarà più normale. Lei resterà un Hibakuscia (sopravvissuta), a raccontare senza parlare la sua storia. A rifiutare la parrucca e guardare dritto davanti ai sorrisi, alla compassione e alle incomprensioni dei più fortunati.
Ricordo che quando lessi il libro iniziai a fare una lista ogni sera di tutte le cose che avrei dovuto portarmi dietro nel caso fossi scappata per un disastro nucleare. E solo crescendo mi sono resa conto che non esiste nulla di essenziale, se non le persone che non vuoi perdere. E che forse perderai comunque.
Rabbia, speranza, dolore, nostalgia, ma anche coraggio. Sono queste le emozioni che gravitano nell'orbita del lettore durante questo romanzo. E' un po' datato, ma on line comunque reperibile. Ed è una delle prime cose a cui ho pensato oggi. A trent'anni da Chernobyl.
È un libro meraviglioso, che sono riuscita a recuperare 10 anni dopo aver letto parte di un capitolo. È incredibilmente duro e crudo, rendendo l'immersione nell'opera immediata. Consiglio a chiunque di leggerlo, nonostante i sensi di sconfitta e desolazione che accompagnano il lettore durante tutto il brano. Anche se il finale risulta chiaro fin da subito, non sminuisce il romanzo, ma anzi fa riflettere maggiormente sul tema trattato.
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