Fra tre mesi voteremo i deputati del Parlamento europeo. La
scena è quella di una riunione condominiale: tutti litigano, tutti accusano,
nessuno vuole pagare. La prospettiva più lunga a cui guarda chi annaspa tra il
mutuo, le bollette e la cassa integrazione è fine del mese. Accade in Italia
come in tanti altri Paesi dell’Unione: nazionalismo e spinte antieuropeistiche
sono armi acuminate nelle mani di governi troppo deboli per ammettere le loro responsabilità.
Si cerca innanzitutto un nemico, un capro espiatorio che mascheri verità
indigeste. Ecco quindi la demonizzazione dell’Ue e di tutto ciò che essa
rappresenta: Bruxelles, l’euro, le politiche di stabilizzazione monetaria,
l’uomo nero José Manuel Barroso e la signorina Rottenmeier Angela Merkel. Della
realtà comunitaria è questo che conosce la maggior parte degli italiani: più
del 90% ignora i meccanismi di funzionamento e la struttura delle istituzioni
europee. Se così non fosse, i politici nostrani farebbero fatica a sostenere la
parte degli offesi. Si saprebbe, per esempio, che quasi sempre le decisioni
comunitarie vengono prese all’unanimità, quindi anche con il benestare dei
rappresentanti italiani. Che se le tasse aumentano è per coprire un debito di 2.075
miliardi, dato che tagli significativi alla spesa pubblica scontenterebbero
fette troppo ampie di elettorato. E che se i Paesi più poveri d’Europa hanno
ancora una moneta nazionale, forse il ritorno alla lira non è la panacea dei
mali italiani. Mura di diffidenza tra “noi” e “loro”, velleità autoctone: non
c’è da essere ottimisti. Tuttavia, andrà a votare solo chi ha una coscienza
civica, non ci resta quindi che sperare in essa.
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