Italiani, popolo di buongustai. Lo dicono e lo pensano in tanti. Ma anche le cifre sembrano confermarlo. Le nostre famiglie dedicano infatti alla spesa alimentare una quota decisamente maggiore rispetto al resto dell'Europa e agli Stati Uniti.
Gli ultimi dati completi sono del 2013 e mostrano che in Italia il 15.2% dei consumi finiscono nel piatto (o nella pattumiera, ma questo è un altro discorso), il 6% in più rispetto alla Germania e il 3 e 4% se confrontata a Francia e Regno Unito. In pratica l'Italia supera del 2,2% la media europea. Per mangiare l'italiano medio - sì quello che <<quest'anno ho avuto fame ma per due settimane ho fatto il ricco a Porto Cervo, che belloooo!>> - spende 285 euro al mese, 30 in più rispetto al tedesco, che però ha anche uno stipendio più alto. Quindi in percentuale la quota che i cugini d'Oltralpe sborsano per la pappa è di gran lunga inferiore. Ciò è senza dubbio dovuto al minore potere di acquisto degli italiani, ovvero un rapporto più svantaggioso tra busta paga e costo della vita, ma non solo. Altri sono i fattori ipotizzabili, come il prezzo più elevato - per fortuna ancora direttamente proporzionale alla qualità - dei cibi inclusi nella dieta mediterranea. Pensiamo, per esempio, al costo di un litro di olio d'oliva (circa 11 euro) e compariamolo con 1 kg di burro (8 euro) o di margarina (7 euro). O al prezzo della pasta, decisamente superiore rispetto a quello delle patate. O al nostro pane fresco, paragonato al pane confezionato in cassetta nel resto del mondo.
Anche il fatto che, tutto sommato, la cucina mediterranea sia ancora tra le più ricche di verdura e frutta, gioca sicuramente a favore della salute ma non del portafoglio, specialmente visti i rincari e la stretta correlazione alle condizioni metereologiche per i raccolti. Un'indagine svolta due anni fa negli Stati Uniti (questa) rileva come non solo l'Italia, ma anche tutti i Paesi mediterranei, abbiano una spesa alimentare media più alta rispetto agli Stati nord-occidentali. Le uniche eccezioni sarebbero Russia e Ucraina, ma non dimentichiamo che si tratta di Paesi in perenne stato di embargo, dove la situazione politica influenza notevolmente quella economica.
Insomma, stando a questi dati gli Italiani quando si siedono a tavola se ne infischiano del portafoglio vuoto e della crisi: vanno da Eataly e comprano le arance biologiche, non rinunciano alla cena fuori (almeno una volta alla settimana) e al caffè al bar (almeno una volta al giorno). Anche i fast food sono in crisi: tanto che Mc Donald's ha rinunciato a un po' del machismo americano per glocalizzarsi, ovvero proporre menu ispirati al palato italiano. Parmesan e Tomato Spaghettis, no? Non contenta la M dorata ha commissionato un'indagine alla Nielsen, e ne è uscito che il 67% dei consumatori sono particolarmente attenti al rispetto dei disciplinari di sicurezza. Detto, fatto. Qualche tempo dopo la Mc -prima azienda in Italia - ha ottenuto lo standard Qualivita, garanzia di trasparenza e veridicità della comunicazione ai clienti sui prodotti e i servizi offerti. Non aggiungo altro, affidando le conclusioni al vostro spirito critico.
Eppure, secondo altre indagini, i consumi di cibo e beni di prima necessità sono in calo e dal 2009 è aumentato del 40% il numero di italiani che fa la spesa al discount. L'Istat ha confermato questi dati, spiegando che il fenomeno dei Penny Market e Lidl ha preso piede specialmente al Sud e che la regione più cara resta la Lombardia. Coldiretti, inoltre, riporta che il 50% degli italiani hanno ridotto il consumo di cibi pronti e surgelati, preferendo l'home made per questioni economiche e di salute.
Crisi o non crisi per l'alimentare? Eataly o Lidl? Slow o fast-food? Nutrire il pianeta e/o comprare l''iPhone? Un'altra contraddizione è infatti questa: gli italiani spendono molto di più per mangiare in vacanza e molto meno durante l'anno. Non è una novità, tanto che nei villaggi turistici le formule all inclusive si differenziano da Paese a Paese, in base al target. E gli Italiani sono fra gli unici che pretendono anche il pranzo. La fortuna delle guide Michelin e Gambero Rosso o, per volare più basso, di Tripadvisor. Anche il boom degli agriturismi va nella stessa direzione. Così come le smart box gastronomiche. La gente sceglie le località turistiche soprattutto per mangiare (e postare sui social ciò che ha nel piatto).
Dieta nei giorni feriali e sfondamento gastrico on holiday? Non proprio: piuttosto, una società sempre più interessata al cibo, sempre in cerca della sublimazione occhio-palato-contesto. Il piatto diventa un po' la nuova tracolla Louis Vuitton o le nuove scarpe Chanel. Non a caso, si sente il bisogno impellente di fotografarlo e mostrarlo agli amici.
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