Chi ha sempre visto le persone ordinate come soggetti fastidiosi, ossessivi e quasi ridicoli, si dovrà ricredere. Negli ultimi tempi l'ordine è diventato un'arte, oltre che uno modo di vivere. Una filosofia basata sull'efficienza, ma anche sulla svolta. "La vita vera - afferma Marie Kondo - inizia dopo aver riordinato". In tanti hanno iniziato a seguire il pensiero di questa scrittrice e ex-sacerdotessa scintoista giapponese. I suoi libri sono diventati best-seller in Giappone e negli Stati Uniti, ma anche in Italia Il magico potere del riordino (Vallardi ed.) ha avuto sette edizioni in due mesi, vendendo più di 30mila copie.
La Kondo è stata definita guru degli armadi a muro. I suoi seguaci sono tenuti a rispettare poche e semplici regole: piegare e non appendere, buttare tutto quello che non serve e procedere al riordino in una sola volta. Quindi banditi i calzini appallottolati e i vestiti appesi: "Tutti noi tendiamo ad appendere indiscriminatamente - si rammarica Marie Kondo - invece gli unici abiti che dovremmo mettere sulle grucce sono quelli che ondeggiano al vento con aria felice e quelli rigidi che non si possono piegare. Gli altri devono essere rigorosamente disposti uno accanto all'altro in verticale, perché - continua la scrittrice - accatastare le cose una sull'altra è doloroso per quelle che si trovano sotto". Lo stile Kondo ha già spopolato sui social, come dimostrano le fotografie postate su Instagram con l'hashtag #Konmaritunnel.
Armatevi di un sacchi e scatoloni e svuotate la vostra casa da tutto ciò che non serve. Secondo la Kondo, "buttare via non è uno spreco: potete dire di starvi prendendo cura di quei vestiti accatastati in fondo all'armadio, di cui non ricordate nemmeno più l'esistenza? Liberateli dalla loro prigione. Salutateli. Smettete di pensare magari l'anno prossimo". Lo stesso vale per i libri, le carte, gli appunti. Non siete convinti? "Facciamola finita con inutili sentimentalismi, tanto tutto torna. Più lo buttate, più quello vi si ripresenterà in un'altra forma più adatta a voi. Ve lo prometto" è la risposta rassicurante dell'autrice, che pretende anche un certo rigore nella pratica del riordino. "Niente tuta, perché si rischia di trovarla comoda e indossarla anche per strada. Bisogna affrontare la faccenda con eleganza. Si tratta pur sempre di un rito".
Ma non è solo la Kondo ad aver sfatato il mito che associa il disordine alla creatività e l'ordine alla piattezza e alla noia. L'artista svizzero Ursus Wehrli ci incanta con il fascino della simmetria e della perfezione. Le sue opere mostrano gli oggetti secondo ordinati accostamenti di colori, dimensioni e forme e sono racchiuse nel libro fotografico The Art of clean-up. Anche per Wehrli la messa in ordine assume un valore esistenziale: salvare il mondo dall'entropia.
"Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l'ordine ne è una indispensabile condizione". Si apre così il saggio di Rudolf Arnheim Entropy and art. An essay on disorder and order (1971), in cui lo storico dell'arte intreccia architettura e psicologia per giungere a una più ampia riflessione sul modo di comunicare e di fare arte: "Il massimo dell'ordine viene trasmesso con il massimo di disordine: qualcuno o qualcosa ha confuso i nostri linguaggi". Secondo Arnheim, solo ridiscutendo i concetti di "ordine" e "disordine" è possibile comprendere il funzionamento stesso della creatività e capire come l'arte sfugga all'antico e ambivalente sogno di prevederla e di imbrigliarla.
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