Last minute: togli una elle e metti una ti. Non è solo il volo aereo a essere pensato all'ultimo momento, ma anche il voto. Soprattutto se non si sa per chi fare quella crocetta. Soprattutto se non sembra poi così importante scegliere. Già si tratta di europee, che per la maggior parte dei cittadini dell'unione hanno una valenza nettamente inferiore rispetto alle elezioni politiche o amministrative. Come riportava ieri su Repubblica Ilvo Diamanti, nel 2013 oltre il 13% dei votanti affermò di aver deciso per chi votare solo nei giorni immediatamente precedenti, cioè nel tratto di strada da casa al seggio. E, ripeto, il valore attribuito alle elezioni nazionali è di gran lunga più elevato rispetto a quello di cui godono le comunitarie. Perciò figuriamoci che cosa accadrà oggi. Forse decideranno addirittura in cabina. O forse non decideranno nemmeno. Già, perché anche il voto, per tantissimi, è diventato più un dovere che un diritto. Un obbligo da eseguire se proprio si vuole essere diligenti o, quanto meno, da dimenticare al più presto. Perché? Perché tanto la convinzione è una: che salga questo o quel partito, Mister Y o Miss X, poco o nulla cambierà.
Due sono le spinte che caratterizzano questo 25 maggio 2014, una di tenore internazionale e l'altra più spiccatamente italiana. In primis la propagazione a raggera di movimenti antieuropeisti: dal Front National françcais, guidato da Marine Le Pen, all'Ukip di Nigel Farage, in Gran Bretagna. Passando, ovviamente, per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e l'ormai defunto Forza Italia di Silvio Berlusconi. Il fatto è che L'Unione Europea si è affermata come comunità prima di tutto economica e poi, se proprio si deve fare lo sforzo, politica. Ma in realtà ci credono in pochi. Che siamo cittadini al pari dei greci o dei tedeschi. Ed è proprio questa la tendenza pericolosa: ricordarsi dell'Ue solo quando fa comodo, per esempio chiedendo la flessibilità sul tetto del 3% nel rapporto tra pil e deficit, accusando la Germania di bacchettonismo, la Grecia e l'Irlanda di parassitismo e la Francia di snobismo. Insomma, tutti amici non proprio. Tanto meno fratelli. Perché i fratelli per i movimenti imperanti in questo periodo sono solo quelli d'Italia e Grillo può anche dire che il M5S aggiungerà le sue cinque stelline a quelle della bandiera europea, ma pare piuttosto che i suoi propositi siano altri: votando per il M5S, gli astri comunitari da 28 potrebbero diventare 27. Di certo non potevamo pretendere una federazione sulla falsa riga degli Stati Uniti, almeno non nell'immediato. Il vecchio continente ha radici e tradizioni talmente eterogenee da non poter essere amalgamato e triturato a mo' di omogeneizzato nel corso di qualche decennio. Ci sono voluti secoli, e forse qualcuno non l'ha ancora mandato giù, solo per l'Italia, con le regioni pronte a dire che l'unione-fa-la-forza-ma-in-fondo-da-soli-si-stava-meglio, figuriamoci per un territorio trenta volte più grande e intriso di culture, lingue e religioni, da quella bizantina a quella longobarda o unna. Eppure, se non ci fosse stata l'Unione Europea, molti Paesi sarebbero già un imperfetto dell'essere. Travolti e annegati dalla crisi dei sub-prime, isolati nel deserto economico creato dai loro governi locali, costretti al canto del cigno dalle rivolte politiche e civili interne. Perché siamo l'Europa, ma non siamo tanto diversi da quei Paesi arabi che ormai da qualche anno esplodono a primavera. E ho evitato il verbo sbocciare non per paura del cliché.
Poi c'è una cantilena tutta italiana, quella scritta e cantata sulle note della speranza e della rabbia. Renzi e Grillo, appunto. Potremmo chiamarla nazionalizzazione delle europee. Innanzitutto perché si tratta di elezioni per il parlamento comunitario, ma in realtà si parla solo dei maggiori partiti in carica, come se una vittoria dell'uno o dell'altro dovesse mutare le sorti intestine del Paese. In secondo luogo, perché questo voto è divenuto lo strumento per rispondere a uno stato d'animo generato a livello locale. Chi ce l'ha con tutto e con tutti vota Grillo (non il M5S, notiamo, Grillo). Chi in fondo un po' ancora ci spera, che le cose possano migliorare, si affida a Renzi (vedi sopra). Insomma, passano in sordina i veri candidati al Parlamento europeo, prevaricano invece i movimenti - e i leader - a cui essi sono legati. Questione di semplicità? Anche, ma non solo. Oltre a evidenziare la scarsa istruzione politica degli italiani, che hanno bisogno di archetipi - la speranza e la rabbia - e di figure note - Renzi e Grillo - per orientarsi alle urne, passa un messaggio nemmeno troppo secondario. E cioè che votando per i deputati parlamentari dell'Ue si inciderà anche sulle sorti della politica nazionale. Addirittura c'è chi mette in discussione il Governo nel caso i grillini superassero il Pd. E lo stesso Grillo, che non voleva fare politica, non solo l'ha sempre fatta, pur dichiarando il contrario, non solo ha fondato un partito, ma ha recentemente indossato la divisa ufficiale. Dalla salopette con camicia a quadri, dal naso inquietante alla Patch Adams, alla giacca scura puntellata di forfora (?) nel salotto di Bruno Vespa. Quale fosse la vera immagine comica resta un quesito in attesa di risposta.
Chi beneficerà dunque del voto last minute? La fiducia nell'uomo o la sfiducia nel sistema? Mentre ci rifletto, penso che sarebbe comodo poter votare direttamente on line, proprio come si prenotano i voli. Ma poi mi perderei gli anziani vestiti di tutto punto solo per andare a barrare una casella, o, ancor di più, l'afflato nostalgico nel rientrare in una scuola elementare e vedere i banchi che mi arrivano alle ginocchia. Voterei solo per questo.
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