venerdì 11 settembre 2015

Sociologia del catalogo Ikea

Puntuale con l'arrivo dell'autunno ecco sbucare dalla cassetta della posta il catalogo Ikea. Un must di inizio stagione, quasi quanto il cambio degli armadi e la lista dei buoni propositi che non verrà rispettata. Eppure quel giornale corposo e patinato dice molto di noi e della nostra società. Lo dice più delle classiche scorribande domenicali tra gli scaffali svedesi per combattere il caldo, il freddo e la noia. Sociologia spiccia, d'accordo, ma spremuta da un campionario di consumo che vuole essere al tempo stesso omnibus e di nicchia, blockbuster e d'essai.

Due gli elementi dominanti: il verde e la cucina. Lo si nota già dalla copertina: bimbo e papà felicemente indaffarati a consumare un (di certo biologicissimo) succo di frutta al bancone di una cucina a isola in stile Usa. Le cromature algide di dispense ed elettrodomestici risaltano accanto al (senza dubbio ecologicissimo) parquet e agli altri oggetti d'arredo in legno. Poi il green: piante, ortaggi e la scritta IKEA.

Una tendenza, questa, che si riscontra smodatamente lungo tutto il catalogo. E non solo perché un quarto delle pagine sono dedicate alla cucina (più un'altra ampia sezione agli utensili legati al cibo), ma anche perché tutte le stanze della casa esposte presentano quel carattere finto parco e castigato tipico della moda green. Piante che sbucano da ogni dove, giardini che sgomitano per un posto sulla scena da porte e finestre in secondo piano, legno onnipresente e oggetti che sembrano riesumati dalla capanna dello zio Tom.

Ecologica, vintage, etnica e low profile è la casa del 2015. Casa in cui regna un finto disordine, in cui la maggior parte del tempo si sta in cucina ad affettare verdure (a chilometro zero) e a bere centrifughe detox. Curioso come l'asse si sia spostato dal bagno - dove lo scorso anno regnava sovrana la cura del corpo - alla zona pranzo, che invade letteralmente il resto dell'abitazione, con soggiorni open space, fornelli accanto al divano e salotti dove più che parlare si mangia.


L'unico colore veramente presente è, come ho detto, il verde. Le altre tinte variano dalle sfumature del legno alle nuances di bianco e nero. Dove sono finite le arlecchinate by Ikea? Dove sono i bambini nelle loro camerette sgargianti e decisamente improbabili? Da piccola adoravo girare mano nella mano con mamma e papà per i labirinti dei mega store Ikea. Puntavo il dito su un letto a castello con sotto il nascondiglio o su un angolo rosa shocking e dicevo loro con sdegno: perché non mi avete fatto una cameretta così? Mi guardavano schifati e non capivo. Ora sì: erano i tempi in cui la moda aveva un nome e un cognome: Maria Montessori.

Adesso no, è tutto cambiato. Con la cifra 2 davanti al millennio i bambini sono tornati come negli anni Cinquanta, adulti in miniatura. E così guardo la piccola con treccia laterale, salopette e sneakers giocare alla giardiniera con un annaffiatoio di latta e penso che tra un po' anche i negozi di giocattoli diventeranno musei.