mercoledì 18 maggio 2016

Nel panino la semiotica della mela

Comunicare l'essenziale. Così anche il popolarissimo e ignorantissimo panino di Mc Donald's diventa smart. Come? Con la semiotica di Apple. Ci ha provato Caroline Emilier, staff editor della società multimediale americana BuzzFeed.


Le patatine che per almeno un'intera giornata friggono nello stesso olio diventano eleganti bastoncini gialli privi di unto. Chi le mangia non rischia di sporcarsi la camicia. Ma soprattutto: chi le mangia porta la camicia. E i nuggets di pollo non sono semplici crocchette, ma ingegnosi scrigni in crosta panata che racchiudono un cuore di volatile zampettante. Lo speaker parla piano e invita a guardare oltre l'apparenza. Non è come sembra. Davvero?

Ma l'oggetto di design gastronomico per eccellenza è il Big Mac: redefined, redefined, totally redefined! Dice la voce. Incredibilmente studiato: dalla spugnosità del pane all'acquetta sprigionata da quelle che si presumono essere foglie di insalata iceberg, dalla perfezione quadrangolare della fetta di Cheddar  al singolo semino di girasole che rende tutto più sano (se mai ce ne fosse bisogno), concludendo con gli hamburger di allevamenti intensivi ma poco poco, così rotondi che Giotto in confronto era un dilettante. 

Il colosso del fast-food è entrato in crisi quando il bucolico ha preso il sopravvento sul futuristico, la filosofia zen e il must del bio hanno sostituito le "americanate" degli anni Novanta. A tavola sono tutti di sinistra, tutti intellettuali e gourmet. A rivendicare con orgoglio l'ideologia paninara sono invecve gli stessi che scelgono Android e Windows invece di Apple e iOS. Essere moderni oggi è essere antiquati. Cerchiamo di sembrare tutti un po' vintage, un po' etnici e un po' minimalisti. Tutti assolutamente politically correct e amanti della natura.

Così il vecchio Ronald somiglia più a uno zombie che a un pagliaccio. E' maschera di un'identità svuotata, che ha tradito la pancia con la testa e, tra sushi e Eataly, può aspirare solo a essere l'ultimo dei primi.

Finito il barocco, finito il tempo dei villaggi turistici e delle multisale. Si fa il safari in Tanzania e il nuovo film lo si vede direttamente a casa del regista - autore sperimentale - che si autofinanzia. Addio doppio arco dorato, addio coca cola con lo zucchero, addio pesticidi e coloranti: forse un giorno, quando sarete retrò, tornerete alla ribalta.

giovedì 12 maggio 2016

Elogio alla tristezza

Non essere triste, dai!

Ora che me l'hai consigliato non lo sono più.

Stai mentendo.

Hai ragione.



Io alla tristezza ci tengo. Non che mi piaccia, per carità, ma non sarei quella che sono senza le mie parentesi cupe. Come oggi, che piove e mi sono svegliata con il mal di pancia.

Diplomazia. Il segreto è stringere un patto di non belligeranza con la tristezza. Tanto sarebbe lei a vincere se si tentasse di ammazzarla prima che sia arrivata la sua ora. Invece la tristezza cullata poi si addormenta per un po', anche tanto, o il tempo sufficiente a ritrovare il sorriso.

Per uccidere la tristezza serve la disperazione, per cullarla bastano la logica e l'auto ascolto. Come un edificio antisismico: percepisco la scossa, ondeggio, ma non crollo. E i miei pensieri diventano sempre più forti, esattamente come chi abita in un luogo soggetto ai terremoti. I giapponesi, per esempio. Loro sanno come comportarsi: arriva una scossa e via, tutti sotto i tavoli o al riparo dentro le auto, con la stessa calma di chi si sveglia la domenica mattina e non deve lavorare.

Diventa più intensa la consapevolezza che passerà, che non serve agitarsi, che a tutto c'è un rimedio e se non c'è andrà come deve andare. Fatalismo? No. Solo la constatazione che non tutto è incanalabile e  più si cerca di controllare la vita più questa si ribella, complicandosi. 

Eppure Flaubert la pensava diversamente:

Fate attenzione alla tristezza, è un vizio.

Ma la tristezza non può diventare un vizio, quella autentica. Perché prima o poi si addormenta e di certo non punta la sveglia. Il resto si chiama autocommiserazione. O è una patologia depressiva. 

Ora resto un po' a ondeggiare.
Guardando la pioggia.
Con gli occhi spalancati.

sabato 7 maggio 2016

La mamma ideale è quella reale

Chi vorrebbe avere come mamma Angelina Jolie? In realtà "solo" (mica tanto, sono sei) i suoi figli. Lo stesso dicasi per Michelle Obama, Luciana Littizzetto e Giorgia Meloni (su quest'ultima ci riserviamo il beneficio del dubbio, visto che è ancora in dolce attesa).


Chiunque sarebbe in grado di tracciare un identikit della mamma ideale: aperta, simpatica, sportiva, discreta e cuoca provetta. Ma alla fine la mamma (reale) non si cambia con nessuna. E' quanto è emerso da un sondaggio effettuato da Groupon sui suoi utenti. Ma non ci voleva il web per capirlo, la mamma è un po' come la patria: intanto che siamo noi a parlarne male va tutto bene, ma guai chi si azzarda a criticarla.

Mia madre per fortuna non mi ha mai proposto la Simmenthal. In compenso il suo cavallo di battaglia è il risotto in busta della Knorr, quello al pomodoro. Poi ha qualche pezzo forte, tipo l'arrosto all'ananas o la pasta al forno con le verdure, ma quando li cucina ne prepara in quantità industriale e nessuno più in famiglia avrà pace finché i suoi manicaretti resteranno nel congelatore (secondo lei il cibo non si conserva troppo nemmeno lì).

Ricordati di mettere l'antifurto, guida piano, prendi un golfino, hai un filo che ti pende dalla giacca... I suoi mantra, come per tante altre mamme. Eppure la mia prova anche a parlare inglese e spagnolo, ma non è proprio ferrata con la pronuncia: Hai niù (=news)? Grassssiassss (=gracias)!
In ogni caso, non posso lamentarmi: diversi amici le cui madri hanno studiato e magari insegnano lingue straniere mi hanno confessato la pesantezza del sentirsi continuamente corretti anche quando pronunciano una marca di biscotti. Almeno nel mio caso la maestrina antipatica sono io. E quando la riprendo si scusa  e mi ama lo stesso.

C'è una parola, tuttavia, che ancora non ho digerito del suo vocabolario. Ed è "femminile". Il prezzemolo linguistico di mia madre.
Quel vestito ti valorizzerebbe molto perché è estremamente femminile, mi dice ignorando la mia espressione schifata davanti a un abitino rosa porcello con le farfalle variopinte.
Dovresti essere più femminile nel modo di atteggiarti, ha sempre rimproverato a mia sorella per i suoi modi spicci.

Ma poi arriva quel momento in cui sono davvero nei guai e le dico: mamma, devi aiutarmi!
Come se non avesse cercato di farlo per tutto il resto della mia e della sua esistenza.
Ho ucciso la mia rivale in amore
Ok, ti aiuto a nascondere il cadavere
(Scherzo!)

Di tante cose si dà la colpa o il merito ai genitori per quanto riguarda la salute e l'educazione dei figli. In realtà la maggior parte delle mamme (e dei papà) sono semplicemente donne e uomini. Cercano di fare il loro meglio. E per me lo fanno. L'imperfezione non è uno sbaglio, ma un meccanismo congenito alla natura umana.