sabato 30 maggio 2015

Trittico d'arte a Bagnolo Mella

Continua senza sosta la programmazione culturale della Galleria L’Altra Arte di Bagnolo Mella con una mostra dedicata a tre noti artisti contemporanei: Anna BolognesiAlberto Besson e Ulisse Gualtieri. L'inaugurazione domenica 31 maggio alle 20.30. Virgilio della serata sarà l'insegnate e critico d'arte Simone Fappanni.

«Si tratta di una esposizione composita - spiegano Delfina Platto e Daniela Braga, proprietarie e gestrici della Galleria - nella quale convergono stili e tecniche eterogenei che mirano a una costante ricerca espressiva».  E in effetti i percorsi creativi di questi tre autori rivelano gamme stilistiche e tecniche diversissime le une dalle altre. 

Ritratto (Anna Bolognesi)
Anna Bolognesi attraverso il ritratto, genere da lei prediletto, coglie emozioni e sensazioni di soggetti ripresi in atteggiamenti naturali, quasi mai in posa. La sua sensibilità artistica si declina anche nelle rappresentazioni paesaggistiche e di alcuni oggetti simbolo della contemporaneità, sui cui svolge un intenso studio coloristico.

Alberto Besson  propone una tridimensionalità concertata, che fa da cifra
Tridimensionalità (Alberto Besson)
stilistica all’intero corpus delle sue opere, nelle quali affronta temi e soggetti tra i più diversi e complessi, riuscendo sempre a mantenere alte originalità e carica emotiva.

Ulisse Gualtieri è un paesaggista cantastorie. Sensibile e delicato sono gli aggettivi che meglio descrivono il suo dipingere con tocchi morbidi ma decisi soggetti di solito immortalati en plein air. La luce e il senso dell’insieme definiscono la partitura narrativa, dove le scelte tonali s’incastonano perfettamente in un ordito a dir poco magmatico.

Luce e oggetti (Ulisse Gualtieri)
La serata sarà arte a tutto tondo, con le note musicali di Marialuisa Faroni (flauto) e di Giancarlo Pedrazzi (chitarra) a cullare la vista delle opere pittoriche. L'esposizione, aperta al pubblico fino al 28 giugno, seguirà i seguenti orari: il martedì, il sabato e la domenica 9-12;15-18.30, mentre il giovedì e il venerdì 15-19. L’ingresso negli spazi di Via Nazario Sauro, 20/22 è libero.


giovedì 28 maggio 2015

Piazza della Loggia, 28 maggio

Oggi c'è un'aria strana in città. Solenni e composti come siamo sempre noi bresciani, ma è la commozione nei nostri occhi a tradirci. Sono quei cestini dell'immondizia forzatamente aperti a rivelare come quarantuno anni siano passati senza farci scordare il dolore e la paura.



Ci siamo tutti


1974 o 2015?
 
Scrivi la tua idea di libertà (1)

Scrivi la tua idea di libertà (2)

Scrivi la tua idea di libertà (3)

C'è il sole e piove



domenica 24 maggio 2015

L4K3, la fortuna delle corde

Si scrive L4K3 ma si pronuncia Lake, come lago in inglese. Il lago in questione - quello d'Iseo - è però tutto italiano. Bresciano per la precisione e terra, pardon acqua, dei cantieri navali Riva e dei più importanti produttori mondiali di corde marine. E' proprio qui, nelle case e nei bar affacciati ai porti del Sebino, che nel 2013 ha inizio una storia quasi rocambolesca, quella di una corda destinata a lasciare la scia, non sull'acqua però, ma nel mondo della moda.

Tutto inizia quando Massimiliano Carta si mette a intrecciare bracciali con le corde che giacciono in disuso nei magazzini dei marinai di Montisola. Allestisce una piccola società insieme ad Andrea Benaglio, che si occupa del marketing, e a Francesco Baiguini, che ci mette il capitale. Nasce così il primo braccialetto easy-chic da uomo. I tre  cominciano a tormentare amici e parenti con le loro creazioni. Ma guarda come ti sta bene! Dai, compra un braccialetto...Perché non regali uno dei miei braccialetti a Tal Dei Tali per il suo compleannoi? Il trampolino di lancio, tuttavia, lo fa internet. In un duplice senso: da un lato i bracciali cordati cominciano a circolare sui social network e sui siti di vendite on line, dall'altro per una chiamata imprevista che arriva a Massimiliano.

La Microsoft Italia per Natale 2013 decide di non regalare ai dipendenti il solito cesto con spumante e panettone. Ha in mente qualcosa di più originale: i bracciali L4K3 con i colori della ditta.
- Potete procurarceli?, chiede il responsabile Microsoft a un Massimiliano che inizialmente crede sia uno scherzo dei suoi amici, stanchi della sua malattia per i bracciali.
- Oh certo!
- Bene, allora facciamo 130mila bracciali per il mese prossimo, 30% del pagamento in anticipo e il restante 70% alla consegna.
- Perfetto, nessun problema!
Non ha ancora posato la cornetta del telefono e già nella testa di Massimiliano c'è un solo pensiero: sono fottuto.
La produzione giornaliera, tra lui e il padre, è di venti bracciali al giorno. Il che significa 560 in quattro settimane. Le mani di Massimiliano coprono il suo volto paonazzo per poi sprofondare nei capelli che fanno da pelliccia a un cervello forse troppo sprovveduto.



Ma solo gli sprovveduti rischiano. E solo rischiando si arriva alle grandi mete. Tutti, dai parenti e i compagni di Massimiliano, ai vecchietti del bar e le signore amiche della mamma, vengono reclutati per realizzare i braccialetti per il colosso dell'informatica. Microsoft paga. E bene. Tanto da dare ai tre soci di L4K3 le finanze necessarie per aprire una vera e propria attività e assoldare nuovi talenti, per lo più giovani usciti da istituti professionali e università di moda e arte.

Le richieste on line non si fanno attendere, e i L4K3 diventano il must dell'estate 2014, anche tra i vip. I bracciali iniziano a comparire nelle boutique di lusso, mentre nel frattempo cambia il team di lavoro e si amplia il ventaglio di prodotti. Non solo bracciali, che vanno sempre per la maggiore perché rispondono alle esigenze della clientela maschile, ma anche altri accessori che abbiano come materiale di base la corda. Portachiavi, cinture, borse e persino scarpe.



Alla fine del 2014 accanto a Massimiliano, l'unico rimasto dagli esordi, arriva un ragazzo tanto giovane quanto talentuoso, Alberto Premi. Lui, 22 anni, già premiato sulle passerelle fiorentine per Who is On Next? Uomo 2014, crea il modello di sneakers ispirate alla leggenda della dama bianca che, assieme alle borse di Marco Nicoli, vanno a completare la proposta L4K3 per Pitti Uomo 2015. Sia le scarpe sia le borse sono realizzate con materiali tipici del lago d'Iseo: lane, feltri, velluti e, ovviamente, le corde.





giovedì 14 maggio 2015

Tutti a tavola, si scatta!

E' cresciuto, e bne, il foodie o #foodporn. Figlio del selfie, da cui ha ereditato crediti e discrediti: come il titolo di tendenza social 2015 (al genitore spettava quella del 2014); come lo scherno cui è soggetto, ma che non impedisce a nessuno di tirare fuori lo smarphone e immortalare l'hambugerone o le due foglie di insalata (con germogli di soia, sia chiaro) che si hanno nel piatto.



E se il selfie ha ottenuto il suo oggetto magico, ormai noto come selfie stick, malefica bacchetta che illude lo spettatore di avere di fronte una fotografia non auto scattata, il foodie si conquista un piatto. No, non una pietanza realizzata ispirandosi al fenomeno, proprio un arnese incommestibile, ma utile per fotografare tutto ciò che - teoricamente - commestire si può. Stiamo parlando del piatto per foodie, stoviglia ancora relegata nella credenza delle nicchie, ma che presto molti ristoranti saranno interessati a possedere.
Ebbene sì, probabilmente non sarà l'arnese più duttile per mangiare. E nemmeno per conversare con il dirimpettaio, ma l'invenzione pare studiata per altri scopi. Il diligente scattista non si sentirà certo solo: la fatica nel sostenere una conversazione con i compagni di tavolo sarà ben compensata dai like degli amici su Facebok e su Instagram e dai commenti sprizzanti invidia o disgusto. Perché uno dei motivi che spinge a postare una fotografia sui social è senza dubbio la necessità di suscitare reazioni. Ecco qui il gene del padre selfie: condivido uno auto scatto, dunque sono. Esisto. Aspetto che mi diciate che cosa ne pensate. Meglio se in bene, ovvio, ma non è fondamentale. 

Insomma,  che sia un bel faccione appena sveglio al mattino, la foto di chi non riesce a dormire (forse spegnere il cellulare sarebbe un buon passo) o la schiscetta consumata alla scrivania dell'ufficio (con un beverone Sturbucks accanto per dare il tocco di charme - magari evitando di accostarlo alla lasagna di mammà), il concetto è lo stesso. Ci sono. Faccio. Mi trovo. Per alcuni è fondamentale anche condividere la propria posizione: all'Esselunga, in ospedale, nel bar sotto casa. Se poi l'interesse sia corrisposto da chi acquisisce tali informazioni, resta un mistero.

Tornando al piatto, avrete senza dubbio notato che non solo sarebbe faticoso conversare, ma anche mangiare senza sporcare sé o i tasti del cellulare. In fondo, però, chi se ne importa: tanto mica devono essere fotografate le maniche unte di sugo no? A meno che per maniche intendiate il formato di pasta. Evidentemente gli inventori di questo marchingegno devono aver intuito che la scomodità avrebbe potuto essere una barriera all'entrata nel mercato dei foodie. Ecco allora la
seconda versione, che di fatto somiglia un po' a un bilancino pesa alimenti, ma forse non a caso. I like non sono poi l'unità di misura della soddisfazione ricercata dai nostri fotografi allo sbaraglio? Che magari, in questo caso, potranno anche farsi vedere mentre divorano goduriosi il loro cibo. Basterà posizionarsi dall'altro lato del piatto.
Se vi state chiedendo da che mente sia partorita l'idea diabolica (ogni idea è un po' santa un po' diabolica), vi svelerò il segreto. E' stato Adi Nissani, artista della ceramica, a ricevere la commissione da una delle più antiche enoteche israeliane, la Caramel Wineries.

Piatto o non piatto, c'è chi sostiene che vi sia qualcos'altro alla base dell'ossessione per il #foodporn. Il controllo sul cibo. Vale a dire: fotografare ciò che stiamo mangiando non è finalizzato solo a vantarci con gli amici per le raffinatezze o le stramberie che presto (forse) faranno capolino tra le nostre fauci, ma è anche e soprattutto una illusione di controllo. Avete mai fatto caso che le foto di cibo sono quasi sempre dall'alto? Come a dire: le regole del gioco (il pasto), quello che si presume entri nel nostro stomaco, siamo noi a deciderle. Una delle prime norme che insegnano a fotografi e cineasti è questa: l'inquadratura dal basso rende potente il soggetto immortalato, quella dall'alto lo sottomette. Appunto.



A volte è un gioco. Altre una vera e propria un'arte. Spesso solo qualcosa di divertente e creativo.
Chissà. Forse questo è l'ennesimo bisogno di spiegare illogicità delle tendenze sociali. Resta il fatto che gustare un buon cibo, magari con le persone giuste, non fa venire alcuna voglia di tirare fuori lo smartphone.


domenica 3 maggio 2015

Expo 2015, per chiarirsi le idee

Parliamo di Expo Milano 2015, tanto per cambiare. Ma stavolta cambiando.



Che cos'è Expo 2015?
E' l'esposizione universale (la prima si tenne a Parigi nel 1855 e da allora ce ne sono diverse, periodicamente, in giro per il mondo) che si tiene a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre di quest'anno. E' stata organizzata da Expo 2015 Spa, società per azioni appositamente costituita dal Governo italiano, da Regione Lombardia, dalla Provincia di Milano, dal Comune di Milano e dalla Camera di Commercio di Milano. Il tema su cui si basa la manifestazione è il cibo. Più propriamente: Nutrire il pianeta. Energia per la vita. Quindi questo grande evento dovrebbe toccare un ampio ventaglio di argomenti: dall'urgenza di assicurare cibo per tutto il globo, all'educazione alimentare - che significa sia mangiare correttamente sia adottare abitudini di consumo sostenibili -, al cibo come elemento della cultura e della tradizione, da condividere e da rispettare. E' una esposizione universale, ciò significa che nello spazio di Rho Fiera, dove è stata creata la cittadella di Expo, ci saranno ben centotrentasette Paesi a esporre la loro storia e la loro società attraverso il cibo, a presentare evoluzioni e innovazioni che lo riguardano. Oltre a quattro organismi internazionali: Onu, Commissione europea, Comunità caraibica e Forum delle isole del Pacifico.


Come è strutturato Expo 2015?
La cittadella si erge a mo' di isola, attorno alla quale scorre un corso d'acqua artificiale e che al suo interno richiama la suddivisione stradale dell'Antica Roma, con assi perpendicolari: i cardi e i decumani. Cinque padiglioni ospitano le seguenti tematiche: l'esperienza del cibo e il futuro (Future Food District), la possibilità di un cibo sostenibile (Padiglione Zero), il rapporto tra cibo e arte (Food in Art), il legame tra nutrizione e infanzia (Children Park) e la modalità di produzione del cibo (Parco delle biodiversotà).Oltre a questi cinque padiglioni tematici, ci sono poi quelli nazionali e quelli delle grandi aziende. Accanto, troviamo i cluster, aree tematiche che coinvolgono Paesi e soggetti che non hanno avuto la possibilità (economica) di creare un loro padiglione. I cluster sono a loro volta suddivisi in identità tematica: Agricoltura e nutrizione nelle zone aride, Isole, mare e cibo, Biomediterraneo; e in filiere produttive: riso, caffè, cacao, cereali e tuberi, frutta e legumi, spezie. Tutti i padiglioni dei vari Paesi sono affacciati lungo il decumano, mentre sul cardo troviamo quelli di Regioni e Province italiane.

Un progetto straordinario
Davvero. Quando, nel 2008, Milano è stata scelta come teatro per l'esposizione universale, il nostro
Paese ha vinto qualcosa di più che un semplice riconoscimento. Aveva - e ha - nella manica l'asso per farsi architrave di progetti fondamentali, come la nutrizione del pianeta, ma specialmente - e forse più egoisticamente - di dare una scossa positiva a una situazione economica e occupazionale  che negli ultimi anni ha avuto la motilità e la limpidezza di uno stagno.

Eppure...
Le polemiche non sono tardate ad arrivare. Ma si sa, ogni cosa ne è oggetto. Anche la manifestazione della Coldiretti la domenica in piazza. O la mamma che dà un sculaccione al figlioletto capriccioso. Il primo boccone - è proprio il caso di dirlo - della discordia sono stati i  no-global a sputarlo addosso ai fautori dell'iniziativa. Nella loro ottica, Expo sarebbe stata l'ennesimo teatrino dei buoni sentimenti. Attori miliardari che predicano la sobrietà. Quando è stata poi annunciata la partecipazione di colossi quali Coca Cola, Nestlé e McDonald's...apriti o cielo.

I primi strappi
Le vere magagne per Expo 2015 sono però arrivate nella primavera (diciamo tardo inverno) del 2014, con la messa in luce di vicende giudiziarie non proprio leggere per i vertici del sistema. A Infrastrutture Lombarde e Mantovani Spa, cui erano state assegnati parecchi lavori per l'esposizione, sono stati imputati reati di turbativa d'asta, associazione a delinquere e truffa. Al general manager di Expo 2015 Spa Angelo Paris e a Roberto Maroni, presidente di Regione Lombardia, sono stati contestati diversi reati contro la Pubblica Amministrazione, sebbene il procedimento non sia ancora giunto a conclusioni effettive.



Altre proteste
Ovviamente le suddette vicende giudiziarie non sono state certo un fattore d'accelerazione dei lavori, già partiti in ritardo. A ciò si è aggiunta - ed è uno dei punti che effettivamente hanno dimezzato le possibilità di legare la ripresa italiana a Expo - la corruzione dilagante che ha fatto da jingle tra i vertici di Expo. Gare d'appalto truccate significa non assumere le aziende più efficienti, ma quelle che politicamente (o personalmente) fanno comodo. Ma un'impresa inefficiente non sa gestire al meglio i costi umani e di produzione. Ecco allora il problema del personale. La maggior parte di chi ha contribuito alla realizzazione della grande opera milanese è stato volontario o sottopagato.

I black block
Con l'avvicinarsi dell'inaugurazione, sono comparsi loro: i ragazzini dal volto incappucciato, che non si sa bene se pensino di aver in mano armi giocattolo per spaventare la gente o se siano consapevoli di essere potenziali assassini e distruttori ma sperino che i loro vandalismi vengano declassati a semplici bravate. Loro negli ultimi giorni sono stati i veri terroristi, che hanno fomentato paure già incistate nelle menti degli italiani dopo le minacce dell'Isis da un anno a questa parte. Si mescolano agli studenti che manifestano pacificamente (ognuno può esprimere la sua avversione nei confronti di qualcosa) e trasformano una giornata di festa e di prova per Milano sotto i riflettori del mondo in una violenta débacle. 



La sicurezza
Entrare nello spazio Expo è un po' come mettere piede in un aeroporto. Mille uomini vigilano sulla sicurezza dell'area, ci sono oltre quattrocento metaldetector e duecento telecamere collegate ai diversi quartieri generali delle forze dell'ordine, un aereo sorvola continuamente l'area (la quale, tolto il mezzo di vigilanza, è stata dichiarata no-fly-zone). Ovviamente il pericolo non si può dire espunto in maniera totale, perché resta l'incognita umana. Se una guardia o un addetto sta in realtà giocando con il nemico, è fatta. Certo è, o almeno ci si augura, che i controlli preventivi siano stati fatti anche sulle persone preposte a questo compito delicato.

Io stessa, come ho scritto qualche mese fa, sono stata tra gli sfruttati di Expo, e di persone come me
ne conosco tantissime. Così come ho saputo di altri, che hanno avuto invece buone occasioni all'interno dell'evento. Guarda un po', proprio da quelle multinazionali che vengono da tutti snobbate come Il Male.
Credo che l'unica via di riscatto sia valorizzare e accogliere quello che l'esposizione universale di questi mesi ci porterà. La chance di mostrare una carta d'identità italiana totalmente rinnovata, in cui il soggetto sorride cordiale e non ha un ghigno ostile. Non è vero che non ci sarà un dopo Expo. Non c'è stato nei Paesi che non l'hanno saputo gestire, è tutt'ora presente laddove 
lo si è coltivato e curato. Guardate l'Albero della vita, realizzato da una cordata di aziende bresciane in pochissimi mesi. E la Tour Eiffel, che adesso si erge a simbolo della capitale francese e ha dato vita a un quartiere unico nel suo intorno. La differenza sta nel trasformare Expo in un sito permanente oppure lasciarlo degradare a parco giochi fantasma.
Ancora una volta, l'anticonformismo contro la manifestazione (per lo più senza conoscerla affatto) è divenuto una moda, dunque si è tramutato nel suo opposto. Il difficile sta nell'accettare e ammettere che non è tutto bianco o tutto nero. Nemmeno Expo.