sabato 30 aprile 2016

Felicità, meglio non affezionarsi troppo

Quanta paura fa la felicità? E' forse uno dei motivi per cui non riusciamo a goderla. Perché quando la percepiamo appena, lì strisciante e voluttuosa, ci spaventiamo. Meglio non affezionarsi troppo: se poi finisce? Come faremo a riabituarci senza? A gestirne la mancanza? 


Come la Nutella che quando l'hai provata non puoi più dire che proprio non ti piace. Anche se ha l'olio di palma e fa ingrassare. Come i genitori che non danno le caramelle ai bambini per paura che inizino a mangiarne troppe. Ognuno ha il suo modo per mantenere le distanze da un'emozione troppo bella per accettare di perderla. C'è chi trova sempre un motivo per lamentarsi. In realtà non sono felice perché fuori piove... C'è chi usa la scaramanzia. Come stai? Eh, benino, al solito, si tira avanti... Chi ancora trova piccole punizioni auto inflitte per non lasciarsi mai andare davvero. 

Questi ultimi sono i peggiori. 

Va tutto bene, ma chissà che cosa pensa Tizio o Caia di me. Quindi non posso permettermi di rilassarmi, devo elucubrare su che cosa ho che non va.

Non ho problemi, ma sono fuori forma. Dovrei mettermi a dieta e andare in palestra. O mi rovinerò le vacanze mettendomi in costume. Dunque in realtà ho un problema.

Sono a posto, ma c'è chi è migliore di me. Dovrei puntare più in alto. Nella carriera, negli affetti o nella vita sociale. Non posso accontentarmi di essere felice.

E' lo stesso motivo per cui amiamo il sabato più della domenica, che sarebbe la vera giornata di riposo. Preferiamo l'attesa al godimento stesso, perché mentre godiamo sappiamo che presto finirà. Che domani sarà lunedì. Ma nessuno ha mai pensato che ci sono almeno 52 domeniche in un anno e di anni si spera di viverne più di uno?

La verità è che non si può perdere qualcosa che non si ha. Quindi molti preferiscono non averla. La felicità. Esiste forse un calcolo per cui il grado di sofferenza nei momenti brutti è più alto nelle persone che sono state felici in passato? Nessuno studio l'ha rilevato. Magari invece i momenti brutti possono essere affrontati più facilmente grazie al ricordo di quelli belli. Un ricordo che non provoca solo atroce nostalgia, ma dà forza. Come posso avere la speranza di essere un giorno felice se la mia esistenza non mi ha mai dato prova che la felicità esiste?


Ci sono più domande che affermazioni in queste righe. Ma spesso la domanda reca in sé la risposta. Di che colore è il cavallo bianco di Napoleone?

martedì 26 aprile 2016

Dopo la catastrofe

Avevo undici anni quando lessi questo libro. E rimase il mio preferito per molto molto tempo.

Ambientato in Germania, in un futuro tanto attuale quanto passato, "Dopo la catastrofe" di Gudrun Pausewang racconta la storia dell'adolescente Janna-Berta e della sua vita sconvolta da un incidente nucleare.
E' a scuola quando danno l'allarme. All'inizio corre a casa e cerca di rifugiarsi in cantina con il fratello minore, ma poi l'impeto di scappare prende il sopravvento. E così corre via insieme al bambino, in bici per i campi di colza.
E pian piano perde tutto.

I capelli.
La madre.
Il padre.
Il fratellino.

Niente sarà più normale. Lei resterà un Hibakuscia (sopravvissuta), a raccontare senza parlare la sua storia. A rifiutare la parrucca e guardare dritto davanti ai sorrisi, alla compassione e alle incomprensioni dei più fortunati.

Ricordo che quando lessi il libro iniziai a fare una lista ogni sera di tutte le cose che avrei dovuto portarmi dietro nel caso fossi scappata per un disastro nucleare. E solo crescendo mi sono resa conto che non esiste nulla di essenziale, se non le persone che non vuoi perdere. E che forse perderai comunque.

Rabbia, speranza, dolore, nostalgia, ma anche coraggio. Sono queste le emozioni che gravitano nell'orbita del lettore durante questo romanzo. E' un po' datato, ma on line comunque reperibile. Ed è una delle prime cose a cui ho pensato oggi. A trent'anni da Chernobyl.


venerdì 22 aprile 2016

Due gradi per mandare in tilt il pianeta. E siamo a metà

Sono due gradi lo spauracchio di governi e climatologi. Surriscaldamento globale, ovvero aumento della temperatura media del pianeta, calcolata facendo la media di tutte le temperature registrate in mare e sulla terra ferma sia nell'emisfero australe sia in quello boreale. Normalmente è un valore piuttosto stabile, che cambia di qualche centesimo di grado da un anno all'altro. Tanto che dall'epoca pre-industriale a oggi la temperatura media globale è aumentata "solo" di un grado centigrado. 


Raggiunta la soglia dei due gradi in più rispetto a quel punto di partenza, il riscaldamento scatenerà reazioni incontrollabili: lo scioglimento dei ghiacci dell'Artico e del permafrost ed elevate emissioni di anidride carbonica da parte degli oceani surriscaldati. Oltre questo punto limite, non sarà più sufficiente azzerare le emissioni di gas serra per fermare il riscaldamento. Alla conferenza sul clima di Parigi dello scorso dicembre c'era ancora la speranza di evitare simili reazioni, perché il livello di riscaldamento a cui eravamo abituati ci avrebbe comunque concesso circa 25 anni per tagliare le emissioni prima di toccare i due gradi di aumento.

Infatti il problema non si porrebbe se questa crescita della temperatura media globale fosse lineare. Il punto, secondo la maggior parte degli scienziati, è la non linearità dei cambiamenti climatici. Il clima è un sistema complesso e, in quanto tale, si comporta in maniera imprevedibile. Chi crede dunque che il riscaldamento climatico aumenti poco per volta, magari in modo inesorabile ma comunque controllato, si sbaglia. In pratica - sostiene il giornalista storico-scientifico Gwynne Dyer - se continuiamo a immettere gas serra nell'atmosfera non possiamo dare per scontato che la temperatura media globale aumenti in maniera costante ma lieve. Potrebbe accadere, come è avvenuto nei secoli scorsi, ma potrebbe anche verificarsi un improvviso sbalzo. E può darsi che sia quello che sta accadendo adesso.

Il pianeta si sta riscaldando a una velocità mai registrata prima - ha confermato l'ex segretario generale dell'Organizzazione metereologica mondiale Michel Jarraud -. Il 2014 era stato l'anno più caldo di sempre, ma il 2015 lo ha battuto con un ampio margine. E con ogni probabilità un nuovo record sarà toccato nel 2016.



Quindi, se l'attuale aumento non lineare del surriscaldamento globale dovesse continuare, potremmo raggiungere una crescita di un grado e mezzo entro la fine di quest'anno.
Che cosa fare dunque? La soluzione sarebbe interrompere da subito l'emissione dei gas serra manipolati dall'uomo, ma sappiamo bene quanto ciò sia problematico sul piano economico, politico e quindi anche della pace internazionale. Perciò i governi continuano a temporeggiare e preferiscono un abbandono graduale. Sperando di non arrivare troppo tardi.

lunedì 18 aprile 2016

Libri, forbici, martelli e occhiali

Sarò breve. Ma devo assolutamente scrivere un pensiero che è uscito oggi, per caso, dalla bocca di un acuto signore in una conferenza stampa.

I libri sono associabili ai martelli, alle forbici, agli occhiali. Cambiano i materiali, cambiano le mode, ma loro restano. Chiunque metta le lenti a contatto ha sempre un paio di occhiali in tasca, no?

Ecco, anni di sociologia dei processi culturali, di storia ed evoluzione del giornalismo. Di e-book sì e e-book no. Bastava questo. Perché forse a me non era finita del tutto la Remediation di Bolter e Grusin. Loro che parlavano di radio passata a essere dalla regina del focolare ad autoradio. O della tv da buona maestra a meretrice dello zapping.


E il telefono fisso? Mi chiedo io. Farà la fine delle cabine? Non siamo a Londra. I cd avranno lo stesso destino delle musicassette e saranno accolti nel mausoleo dei vinili? Lo stesso per vhs, dvd e blue-ray.

Ma il libro, signori miei, ha più di cinque secoli di storia. Secoli, non anni o decenni. E resta utile anche solo per sentirne l'odore, per perdersi in una libreria, per immaginare partendo dalla copertina.
Le mie sono tutte ragioni poetiche, ma le lenti a contatto, pensate alle lenti a contatto. Buttereste mai via tranquilli un paio di occhiali perché tanto ci sono quegli affarini trasparenti?


sabato 16 aprile 2016

Siete proprio uguali

Avete presente le ruote di scorta? Ecco, non fate caso alle ruote. Beh, nemmeno alle scorte in realtà. Non come le si intendono comunemente. Che poi c'è chi gira con la scorta e chi gira armato.

Ok, mi sto incrartando.

Immaginate di avere due magliette identiche o due orologi uguali. Che siate o meno persone scrupolose, sono certa che agireste in questo modo.




Opzione A (vale soprattutto per le magliette): le intercambio, così quando una è a lavare posso mettere l'altra. In ogni caso, non mi faccio troppi problemi a sporcarla, tanto c'è la scorta (eccola lì!).

Opzione B (vale soprattutto per l'orologio, ma non solo): ne uso prima solo uno e poi l'altro. Il primo (povero), sarà sì la novità, ma con la consapevolezza che se mai si dovesse rompere, pazienza! Tanto ne ho un altro esattamente uguale. Magari i primi giorni farò caso a non graffiarlo o non lo darò in mano al nipotino di 5 anni, ma poi al diavolo, le cose vanno vissute. Soprattutto se non si rischia di perderle.

Facciamo un passo avanti. Immaginate di avere due figlie/i, amiche/ci, cugine/i ecc. uguali. Gemelli omozigoti. Stesso corredo genetico, non ci si scappa, anche se uno vuole fare l'alternativo e l'altro il fighetto. Anche se una si tinge i capelli e l'altra se li rasa a zero. Tutti, almeno una volta, ci avete avuto a che fare e tutti:

Momento 1: "Siete U-G-U-A-L-I!"
(Ma và genio della lampada, dillo ai gameti dei nostri genitori)
"Ma come fanno a riconoscervi?"
(Ma come fai a distinguere la tua mano destra dalla sinistra?)
"Ma è vero che siete telepatiche/ci?)
(Ohssignore).



Momento 2 (quando si presume che abbiate capito di stare simpatici ai suddetti quanto i brufoli in piena adolescenza o quanto gli operatori della Tim che propongono offerte inutili proprio mentre ecco avete capito...):
"Però infondo non siete proprio uguali....Lei ha un neo sul naso e lei ne ha uno vicino alla bocca"
(che spirito di osservazione, la prossima volta ti portiamo la radiografia, così fai prima).
"Avete mai pensato di scambiarvi? Tipo con le interrogazioni?"
(Sì, come no, ci hanno anche clonato il cervello)
"Però potreste farne un business!"
(C'è gente che l'ha fatto, ma meglio fenomeni sconosciuti che fenomeni da baraccone)


Momento 3 (quando iniziate a comprendere la sofferenza del sentirsi maglietta o orologio di scorta):
"Però non siete uguali, tipo a te che musica piace? E a te?"
(Genio, tu la prima cosa che pensi quando associ una persona a un volto è la musica che gli piace?...Manco fossimo Michael e Janet Jackson).

Vi parlo da gemella. Omozigote. Il cui più grande amore, ma anche la più grande fonte di sofferenza, è stata la propria gemella. E lo è ancora (il più grande amore). Basta ipocrisie, basta buonismi: se due persone si somigliano talmente tanto da essere confuse - in un primo momento - è perché la natura a volte fa qualche scherzetto. Come chi nasce nano o gigante. E sì, non mettiamo in dubbio che sotto ci sia altro, ma non fingiamo che l'identità, quella percepita fin da bambini, prescinda dall'esteriorità.

Basta plurali che uccidono.
Basta sillogismi che farebbero accaponare la pelle ad Aristotele (Se Tizia e Caia sono gemelle e Tizia fa così, allora anche Caia deve fare così).

Non comprate magliette uguali. E ricordate che quella a cui avete dato meno cura - pensando di avere la scorta - potrebbe restringersi in lavatrice. E l'orologio potrebbe fermarsi, senza che in commercio continuino a vendere le stesse batterie.

Due gemelli sono complementari (solo tra loro e nella loro sfera più intima), proprio per questo non saranno mai uguali.