domenica 30 novembre 2014

Rada miglior documentario italiano al Torino film festival

Alessandro Abba Legnazzi
Rada ha vinto. Hanno vinto i marinari. Ma specialmente, ha vinto Alessandro Abba Legnazzi. Trentaquatrenne, bresciano, da anni si occupa di cinema, privilegiando il filone documentaristico. Seguendo le peripezie di una scuola di barca a vela sul Garda aveva girato Il senso del vento, mentre nel 2012, sempre in una scuola, ma stavolta elementare, nasceva il lungometraggio Io ci sono (I am here), ambientato nella G.Calini di Brescia e presentato al Filmmarkfest di Milano e al Cracovia Film Market. L'esperienza di Rada inizia invece due anni fa.

A Camogli, proprio a strapiombo sulla Baia Paradiso del comune ligure, c'è una casa di riposo per gente che al mare ha dedicato tutta la vita. La G. Bettolo. Qui Alessandro ha creato quello che lui definisce non un documentario né un prodotto di finzione, piuttosto un esperimento di cinema condiviso. Condiviso perché? Gli ho chiesto quando ci ho parlato, proprio la scorsa settimana, per un'intervista al Giornale di Brescia. <<Perché - ha risposto - gli ospiti della casa, marinai in pensione, hanno scritto insieme a me la sceneggiatura. A partire dalle loro memorie, dai sogni e dai rimpianti delle loro vite, che sono poi stati romanzati. E perché - ha aggiunto - anche la troupe si è messa in scena>>. In scena e in gioco, aggiungerei. Visto che traspare proprio dal tono e dalle parole di Alessandro il tenore emotivo delle relazioni instaurate sul set. 


Renzo
<<Molti marinai erano davvero anziani e nel corso dei due anni li abbiamo persi. Così come ho perso un amico, Alessandro Baltera - a cui ha poi dedicato il premio -. E' un film a cui tengo molto, sono successe cose fondamentali in questi due anni, come la nascita di mia figlia>>.  E va bene, non sarà Martin Scorsese, ma sono particolari che colpiscono, specialmente se penso alla sua giovane età. A quanto ha già fatto e a quanto farà. E al fatto che qualche anno addietro ci distruggevamo di aperitivi in piazza Duomo. E in questo ping pong di nascite e morti non si possono non citare le ultime parole di Renzo, ex sommergibilista quasi centenario, scomparso a settembre: <<Con questo film voi mi avete guarito. Grazie>>.



Chi non è esperto del gergo di navigazione si starà chiedendo che cos'è la rada. Anche io ovviamente me lo sono chiesta e l'ho chiesto ad Alessandro, che mi ha risposto: <<E' quel momento di sospensione in cui stanno le navi quando entrano in porto e attendono la conferma prima di attraccare
Alessandro Abba Legnazzi al Tff 32
l'àncora>>. Una parentesi di non-tempo e forse non-luogo, una dimensione in cui ci si può permettere di vivere il passato o il futuro, ma non il presente. <<E tu, sei mai stato in rada?>>, gli ho domandato. Dopo avermi guardata con un'espressione del tipo: questa te la potevi anche risparmiare, ha preso la palla e l'ha rilanciata: <<Tutti lo siamo prima o poi nella vita. Quando aspettiamo cose che poi accadono o no, che vanno come vorremmo o invece diversamente>>.

E quindi i nove marinai protagonisti del film stanno "come d'autunno sugli alberi le foglie". Si potrebbe dire? Sì, magari anche senza scomodare Ungaretti. Nei 70 minuti di pellicola in bianco e nero, emerge lieve, ironica e imperdonabile la metafora esistenziale di un'attesa, di un limbo. In questo edificio fatiscente, che è a strapiombo sul mare - quindi né sull'acqua né sulla terra - in un periodo - la pensione - che è contemplazione della vita e attesa della morte. E nel frattempo, tra emozioni, ricordi, avventure leggendarie e forse mitizzate, c'è chi alza ancora la bandiera ogni mattina.


Nessun commento:

Posta un commento