martedì 30 giugno 2015

Lacci e lacciuoli di Trip Advisor

Un tempo c'era il Gambero rosso, cugino - povero e poi arricchito - della francese guida Michelin. Ma quello lo si poteva leggere solo acquistando Il manifesto. Negli anni Ottanta, quando la rivista culinaria sbarcò nelle edicole insieme al quotidiano comunista, non erano in pochi a buttare il giornale e leggere solo di ristoranti e hotel.

Oggi il web rende tutto più democratico, persino troppo, per alcuni. Con il terzo millennio è arrivato Trip Advisor, bussola virtuale per gourmet e turisti. Sembrava la più grande rivoluzione pop nel mondo dell'eno-gastronomia: sul portale verde e bianco anche la piccola taverna provinciale può farsi conoscere. Con un clic. Anzi, con carezza alla tastiera da parte degli avventori. Recensioni dal basso o dall'alto, ma comunque da un punto di vista diverso rispetto a quello dei proprietari. Una garanzia di veridicità. Forse.

Eppure anche la reputazione del gufetto (o è un cannocchiale?) inizia a vacillare. Qui e all'estero. Già nel 2011 Trip Advisor ed Expedia (portale molto simile ma più incentrato sull'attività di booking on line), sono stati condannati dal Tribunale di Parigi a pagare una multa di 43mila euro al sindacato di ristoratori e albergatori Synhorcat. Per una duplice colpa: il poco trasparente accordo con alcune strutture ricettive, per cui i siti segnalavano al completo alcuni alberghi con la sola finalità di accrescere l'afflusso verso i propri partner commerciali; la partnership in questione non era segnalata, così come il fatto che Expedia e Trip Advisor appartenessero alla stessa proprietà (così è stato fino alla fine del 2011).

Anche in Italia non mancano e non sono mancati problemi. Federalberghi si è più volte scagliato contro l'anonimato dei recensori, che, pur essendo tenuti a lasciare nome, cognome e indirizzo mail al momento della registrazione al sito, possono poi nascondersi dietro un nickname. Ma la questione più annosa sono le recensioni false, sia da parte di concorrenti sleali sia per mano degli stessi albergatori e ristoratori, che non mancano di ingaggiare amici, parenti e assoldati per scrivere critiche lusinghiere. C'è poi chi si è arrangiato da solo, dando vita a nuovi account con indirizzi mail appositamente creati per l'occasione. Trip Advisor Italia non l'ha passata indolore: a dicembre dello scorso anno ha ricevuto una multa da 500mila euro dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'azione imputata era la diffusione di claim pubblicitari che decantavano la genuinità delle informazioni presenti sul sito, non mettendo in guardia l'utente sulla parzialità delle recensioni.

Due i casi eclatanti. Lo scorso marzo il gip di Milano ha dato ordine di procedere nelle indagini contro la compagnia, accusata dal proprietario di un noto ristoratore milanese di ospitare post non solo falsi ma anche diffamanti. Effettivamente i commenti sotto la voce del riconoscibilissimo locale vicino alla stazione centrale non sono teneri: si va dalla qualità scadente del cibo a pesanti accuse su escort e "papponi". Il pm, rilevando la presenza massiccia di commenti negativi, aveva proposto l'archiviazione del caso, perché il parere sembrava essere più opinione condivisa che affronto mirato. Invece l'avvocato del querelante ha battuto il pugno sul tavolo, ottenendo l'accusa di diffamazione per tre degli utenti (costringendo quindi Trip Advisor a fornire i loro dati). Come andrà a finire è ancora da vedere.
L'altro fatto che ha riportato il sito alla ribalta della cronaca è quello del ristorante più quotato su Trip Advisor: la Scaletta di Moniga del Garda (Bs), che con dieci recensioni false si è guadagnato il primo posto in classifica. Peccato che il ristorante non esistesse.

Vero è che Trip Advisor sta prendendo le sue contromisure: un team di trecento persone che coprono 28 lingue in tutto il mondo. Analisi dei big data, cioè degli indirizzi Ip e dell'hub di ricezione del wi-fi, permettono di schedare le recensioni come "sospette" e di svolgere quindi ulteriori indagini. Più difficile resta la questione per le organizzazioni criminali che agiscono in maniera pianificata e sistematica. Per i ristoratori, ovviamente, la migliore garanzia è avere tanti commenti, in modo da poter smentire (o confermare, come nel caso sopraccitato) le dichiarazioni truffaldine.


E l'utente? Come si può regolare? Regola numero uno: guardare sempre, se ce ne sono, le fotografie dei luoghi o dei piatti, che possono essere davvero più fedeli rispetto a quelle presenti sul sito istituzionale. In questo caso Trip Advisor, permettendo l'up load direttamente ai recensori e specificando quando si tratta di foto inviate invece dai proprietari, dà uno spaccato abbastanza fedele. Il confronto con la pagina Facebook e il sito del luogo in questione potrebbe completare il parere. Positivo o negativo. Regola numero due: diffidare di recensioni molto negative ma generiche e di recensioni decisamente lusinghiere ma troppo puntigliose. Regola numero tre: controllare l'affidabilità dell'utente. Se si tratta di un profilo fake solitamente è stato creato apposta per generare quella recensione, quindi proprio sotto al nome comparirà che quello è il suo primo contributo.

Ciò detto, inutile fare di tutta l'erba un fascio. Come altri strumenti, Trip Advisor se usato con accortezza e spirito critico può essere davvero utile e divertente.

1 commento:

  1. è un gufetto col cannocchiale!
    anzi con due cannocchiali
    anzi con un binocolo.
    ;)

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