giovedì 27 febbraio 2014

Prendo la borsa e vado al Nord

Continuano a essere tanti, anche se per motivi e con modalità differenti rispetto al passato, i giovani che si trasferiscono nelle città del centro e del nord Italia dalle isole e dal meridione. Andrea Cumbo e io abbiamo cercato di fare chiarezza sulla questione. Ebbene. Secondo quanto è emerso scartabellando archivi digitali, stressando segretarie più o meno disponibili al telefono e confrontando dati, queste migrazioni non hanno alcuna convenienza economica per gli studenti del Sud. Anche ammesso che i voti siano generalmente più elevati nelle scuole del meridione e che lì il livello di reddito sia inferiore, sia le borse di studio che l'accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso rispondono ormai a criteri ben definiti, per cui è difficile imboccare scorciatoie. Per esempio, le borse di studio sono correlate al costo della vita nella città in cui vengono erogate e tengono in considerazione l'indice di reddito ISEE, con controlli sempre più stringenti anche per quanto riguarda  il collocamento in una fascia di reddito piuttosto che in un'altra. E' facile dedurre quindi che la sostanza non cambi molto da una punta all'altra della Penisola.


Ma c'è di più. Secondo i dati raccolti dal Movimento consumatori, Palermo è la città meno costosa per gli studenti; seguono Napoli, Roma e Perugia, mentre Milano, Venezia e Padova hanno gli affitti e le tasse universitarie più alti. Tuttavia proprio il capoluogo lombardo e Torino sono le mete più quotate, davanti a Genova, Parma, Padova e Venezia. Le tasse saranno infatti anche proporzionate al reddito della popolazione locale, ma a incidere sulla retta è soprattutto la fama dell’ateneo, tanto che le università più care sono anche quelle considerate più prestigiose.

I dati parlano chiaro. Secondo il rapporto 2013-2014 della Federconsumatori, lo studente che sceglie la Lombardia paga in media 1402,64 euro, contro i 1294,104 euro del Veneto e i 1094,386 del Piemonte. Se la regione meno costosa è la Puglia (861,968 euro), sorprendono Emilia Romagna e Toscana, che chiedono rispettivamente 906,63 e 919,474 euro, meno di Lazio (1089,01 euro), Campania (1008,99 euro) e Sicilia (1092,48 euro). Restringendo il campo ai singoli atenei, le dieci università più care d’Italia sono tutte nel settentrione, con in testa il Politecnico (1627 euro annuali in media) e la Statale (1467 euro) di Milano. Al contrario le più economiche sono l’Aldo Moro di Bari (516 euro in media all’anno) e la Statale di Sassari (528 euro all’anno).
Anche per quanto riguarda l'accesso ai corsi di laurea, se un tempo si poteva fare un pensierino alla convenienza, adesso le cose sono cambiate. Con il decreto del ventesimo percentile, istituito dall'ex ministro dell'istruzione Maria Chiara Carrozza, per accedere ai punti di bonus necessari a scalare la graduatoria delle facoltà a numero chiuso, il voto dell'esame di maturità non conterà più in termini assoluti, ma relativamente agli istituti scolastici di appartenenza. Che, detto in soldoni, significa: se ho preso 100 con lode, ma l'ha preso anche metà della mia scuola, sono meno brillante di chi è uscito con 90 in un istituto dove la media generale è di 70. Capito? Per essere ritenuti davvero eccellenti, e quindi meritare i punti di bonus massimi, gli studenti devono rientrare nel 20% migliore della loro scuola di secondo grado. Questo per porre rimedio a disparità innegabili. Secondo i dati Miur relativi al 2013, infatti, tra Nord e Sud ci sono 10-12 punti di differenza nel confronto tra i migliori della scuola: la media più brillante a Milano è di 86.5, contro il 96.5 di Catanzaro.
Nonostante studiare al Nord costi il 28% in più rispetto al Sud, l’esodo non si arresta. Le ragioni sono da ricercare nella complessa situazione economica del Paese e nella forbice che ancora separa le regioni settentrionali da quelle meridionali. Rispetto ai decenni precedenti è aumentato il numero dei laureati in Italia, motivo per cui non basta solo una laurea, ma bisogna averne una di valore. Ecco perché gli studenti del Sud scelgono il prestigio e le maggiori possibilità di lavoro offerte dagli atenei del Nord. La situazione lavorativa dal Lazio in giù è molto più difficile sia da un punto di vista occupazionale che retributivo. Secondo una ricerca di Almalaurea, nel 2012 il differenziale di disoccupazione tra Sud e Nord era di 17,8 punti percentuali, con una crescita decisamente più elevata nel Mezzogiorno (+4%) rispetto al Settentrione (poco più dell’1%). Al contrario la quota di occupazione dei giovani laureati lo scorso anno al Nord era del 51%, mentre al Sud sfiorava appena il 36%.
Sono quindi soprattutto i residenti al Sud a spostarsi in cerca di lavoro e per motivi di studio (39,5%): al Nord si trova un impiego più facilmente e si guadagna  meglio: la retribuzione è superiore del 16,4%, percentuale raddoppiata rispetto al 2008. Gli occupati con laurea di primo livello guadagnano infatti in media 1.001 euro al mese, contro gli 844 euro dei colleghi del Sud (+13%).
Davanti a questo panorama non stupiscono i dati relativi alle borse di mobilità emesse dal Ministero dell’Istruzione con il Decreto del Fare dello scorso 21 giugno. 899 borse da 5.000 euro per i meglio diplomati che hanno scelto di frequentare l’università (statale, privata, purché non telematica) fuori dalle regioni di residenza. 8 borse su 10 (in tutto 715) sono andate a maturati del Sud. Solo il 9% al Nord. Il ventesimo percentile livella le disparità tra le due Italie per quanto riguarda l’accesso ai corsi con test d’ingresso vincolante, ma non colma il dislivello sui sussidi allo studio, visto che sette richieste su dieci provengono dal Sud. Prima di gridare, come piace tanto fare in questi casi, allo scandalo e all'ingiustizia, vale però la pena osservare il fenomeno sotto un'ottica diversa. Allora, facciamo alcune considerazioni.
Primo. Chi ha la possibilità di trasferirsi al Nord per studiare non proviene certo da una famiglia che fatica ad arrivare a fine mese. In quel caso, il ragazzo o la ragazza non avrebbe proseguito gli studi nemmeno nella sua città di residenza, sarebbe andato direttamente a lavorare.
Secondo. Gli atenei del Nord Italia con il numero maggiore di studenti fuori regione sono quelli più di prestigio, spesso privati  o comunque di fama nazionale. In parole povere: la Statale posso farla a Bari come a Milano, la Bocconi o il Politecnico no.
Dunque la conclusione potrebbe essere un po' più rosea del previsto: in fondo non siamo solo un popolo di fannulloni in cerca di scappatoie. Se non siamo noi i primi a smentire queste leggende, non saranno certo gli altri a farlo al posto nostro. La verità è che i giovani di oggi cercano di costruirsi un futuro, raccolgono quello che possono come possono. Si spera nel migliore dei modi. Ma non basta più una semplice laurea, ci vogliono agganci con il mondo del lavoro, opportunità di inserimento nelle aziende e nelle realtà istituzionali. Panorama, questo, che purtroppo, per ora, trova una maggiore concretezza al Nord rispetto che al Sud.
Se siete però tanto affezionati alla nota negativa, vi do un altro, stavolta valido, motivo per lamentarvi.

C’è un dato che unifica il Paese: anche nel 2013, per il quarto anno consecutivo, le rette universitarie sono aumentate, con un incremento del 3% rispetto al 2012. Da Milano a Palermo.

Lasciate però che queste cose ve le spieghi una voce autorevole. Andrea Cumbo e io abbiamo parlato con l'ex Ministro dell'Istruzione Francesco Profumo. Questo quanto ci ha detto.

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