sabato 6 settembre 2014

Nell'arte i luoghi (dei) comuni

Due mostre partorite dalla geografia bresciana. Inaugurate a due giorni di distanza. 
La prima, Mater Brixia, paesaggio contemporaneo è una fotografica sulla città, realizzata da Officinanove e allestita all'interno del Museo Diocesano. Vernissage 5 settembre e 19 ottobre, dalle 19.30 alle 21.30.
La seconda, Armonie espressive, è costruita sui dipinti di Elio Roberti, artista valsabbino che ha trasferito su tela i suoi luoghi all'interno della Galleria L'Altra Arte di Delfina Platto, a Bagnolo Mella. L'esposizione verrà inaugurata domani alle 17 e resterà aperta, dal martedì alla domenica, fino al 25 settembre.
Non c'è nulla di più magico dello shock nel guardare qualcosa che quotidianamente vediamo e basta. Luoghi e oggetti comuni, quasi banali, che puff...in un istante rispondono a un nuovo perché. Che non è quello del fare, non solo, ma quello del sentire. E' la tecnica di Marcel Duchamp, che nella sua decontestualizzazione esibisce come opere d'arte una ruota di bicicletta, un orinatoio, un ferro da stiro e tanti altri arnesi che in genere ci si aspetta di trovare in un ripostiglio o in un garage, non certo in un museo.


Esattamente lo stesso meccanismo alla base di queste due mostre.
Mater Brixia ricompone la struttura cittadina, articolandosi sugli elementi che ne fanno da cardini. Le porte, punti di uscita e di entrata dell'urbe post-moderna, confini inclusivi ed esclusivi. Porte antiche (Venezia, Milano, Cremona, Trento) e porte moderne (la stazione, l'aeroporto, i caselli autostradali). Poi le vie sotterranee: la metropolitana. Uno squarcio alle varie fermate che costellano la città e attraversano zone diversissime per aspetto, funzioni e ceti che le popolano. Infine le mutazioni: vecchie fabbriche riconvertite in centri commerciali o spazi pubblici disegnati in un'epoca e colorati successivamente con le tinte della contemporaneità.
Oltre alla qualità tecnica delle fotografie, c'è un quid in questa carrellata di visioni urbane. La stretta emotiva che ti si appiccica addosso mentre guardi con il solo intento di osservare ciò che di solito vedi perché ci passi davanti. E così finalmente vedi, vedi! Le piramidi di vetro fuori dal metrò, lo skyline dal Castello e dal Crystal Palace, la piazza antica che si riflette sul letto d'acqua di una fontana raso terra di recente costruzione.  E' bello non tanto e non solo perché la fotografia ne restituisce linee compatte e pulite, di solito impercettibili allo sguardo nudo. E' bello specialmente perché lo conosci benissimo, lo conosci tanto da riconoscerti al suo interno. Quella figura per strada, ripresa di spalle, quell'auto che sfreccia dopo il casello, la casa che proietta la sua ombra sull'asfalto...tutto questo potresti essere tu.


Chi non vive in città, chi trascorre le vacanze sulle valli che incorniciano l'hinterland, o più semplicemente chi coglie ogni possibile occasione per scappare dalla frenesia urbana sarà di certo più interessato alla seconda mostra. Anche Armonie espressive è una giostra visiva che ruota attorno al baricentro della quotidianità. In un contesto naturalizzato, però. Le onde erbose che fanno da tappeto alle passeggiate domenicali dei bresciani, i paeselli dove le campane suonano ancora ogni quarto d'ora, i fiumiciattoli in cui tutti abbiamo lanciato sassi da bambini, ma anche la fatica di una strada in salita o la tristezza di venti anime oltre gli ottanta, rimaste a popolare comuni in cui a esodare non sono solo i corsi d'acqua, ma anche le nuove generazioni. Panche in legno su cui siedono le comari a fare maglia e uncinetto, a chiacchierare dei giorni che furono, della gente che c'è e di quella che se n'è andata. E a zittirsi, con precisione quasi tecnologica, al passaggio di un forestiero. Una quotidianità che non si vive solo nei luoghi, in questo caso, ma anche nelle cose che fanno i luoghi. Fiori, frutta, alberi spersi ai margini di campi arati.
Roberti predilige gli elementi e le tinte terrestri, coniugandoli però a quelli acquiferi nell'incedere delle stagioni: i cieli cupi o tersi, bui o soleggiati umorizzano stradine e pinete, i manti nevosi recitano il letargo invernale, il riverbero delle pozzanghere, figlie dei temporali estivi, genera riflessi di luce che invadono la tela. Una pittura materica, quella dell'artista valsabbino, che ha percorso una parabola inconsueta: dal rigore e la serietà degli esordi alla leggerezza pacifica e solare di oggi. 


Città e valle.
Urbano e agreste.
Fotografia e pittura.
Ma con un denominatore comune. Il luogo. Quello che passiamo e trapassiamo ogni giorno, che è talmente nostro da non appartenerci neanche un po'. O forse che ci appartiene talmente tanto da non sentirlo nemmeno nostro.

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