mercoledì 11 marzo 2015

Chi comanda è cattivo

Non sembra più lo stesso. Nemmeno Santoro e Travaglio si divertono a dargli contro. L'ex premier Silvio Berlusconi è passato dall'essere incarnazione terrestre del male al suscitare quasi compassione. La pelle perfettamente levigata non riesce a coprire il peso degli anni. Non i settantanove registrati all'anagrafe, ma semmai gli ultimi cinque, che ne hanno decretato la discesa politica e personale. 


Adesso c'è molto poco da prendersela con un nonno che ha scontato la pena per frode fiscale facendo compagnia agli anziani malati di alzheimer. E quasi si prova sollievo che sia stato assolto in Cassazione dall'accusa di sfruttamento della prostituzione minorile e concussione. Se proprio si ha da dire qualcosa contro Forza Italia, si fa appello a Renato Brunetta, altrettanto geniale nel calamitare su di sé tutto il mal costume tipicamente associato alla classe politica di centro-destra.
In realtà è molto più gratificante puntare il dito su Matteo Renzi e sulla compagine governativa. Ci sono mille motivi per cui è lecito farlo. Ragioni fondate quanto quelle da cui si muovono critiche contro la Lega Nord e contro il M5s, ma più penetranti, più protagoniste. Perché il potere è come una vetrina in via Montenapoleone: una posizione privilegiata, che però non consente di sbagliare.
Che cosa sarebbe successo se - ipotizziamo in un mondo dove gli elefanti volano e dove le api producono nutella - la sentenza di ieri notte fosse arrivata con il leader degli azzurri al governo? Probabilmente il finimondo. O almeno la fine di quel mondo dove gli elefanti volano e le api producono nutella. Sui quotidiani e in tv saremmo stati invasi dallo scandalo. Sarebbe venuta meno la fiducia in parlamento.


Stiamo parlando di una realtà immaginaria, non lo scordate.
Però la sostanza non cambia: chi governa è cattivo o comunque temibile e quindi guardato con sospetto maggiore rispetto a chi è all'opposizione. Lo dimostra la nostra storia, soprattutto dalla seconda Repubblica in poi. Lo è specialmente in un Paese in cui la veste del leader ha spesso rifiniture populiste e in cui l'opinione pubblica, checché se ne dica, non è mai di massa, ma veicolata da quelle élite intellettual-attiviste che "ancora leggono i giornali". La maggioranza degli italiani non è contro Renzi, così come, cinque anni fa, non era contro Berlusconi. Ma chi sostanzia il flusso informativo si sente sempre in dovere di andare oltre, di scalfire la compattezza del potere. Per fortuna di alcuni e per sfortuna di altri. Non a caso il giornalismo è definito "cane da guardia" della democrazia
Ecco allora perché Grillo era molto più simpatico da comico, prima che fondasse un partito divenuto il secondo in Italia. Ecco perché Maria Elena Boschi ha sottratto lo scettro di ortiche a Mariastella Gelimini (che poi chissà se l'avamposto Maria lo decidono prima o dopo di candidarsi in politica). Anche negli Stati Uniti il secondo mandato di Obama ha avuto molto meno consensi del primo, più o meno per la stessa logica. E, superfluo ma utile ricordarlo, nessuno si sarebbe mai sognato di dare del fascista all'ex sindaco di Firenze quando ancora non serviva il suffisso davanti a tale titolo.

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