giovedì 2 ottobre 2014

Calzini arancioni per la festa dei nonni

<<Nonna, questo è per te. E per il nonno>>.
Gliel'ho aperto io, perché lei aveva paura di romperlo, il set di tre rose inserite ognuna in un vasetto in vetro quadrato, con la sabbiolina sotto. Quella rosa da parte di mia sorella, che si chiama uguale solo che con l'iniziale maiuscola. La blu di mio cugino, perché è maschio e simbolicamente ci poteva stare. Arancione a rappresentare la sottoscritta, perché da sempre quello è il mio colore preferito. Perché sono stata una mattina intera sul divano della casa in montagna, quando avevo cinque anni, piangendo per i calzini arancioni che non erano pronti e io senza quelli non avevo alcuna intenzione di vestirmi e uscire. E appunto grazie a quei calzini (arancioni) ho temprato i nervi del nonno, che dopo avermi presa in giro ha iniziato a farsi serio e ordinarmi, col tono più cattivo che gli usciva, di smetterla di fare i capricci. Comunque verso mezzogiorno ha buttato la spugna e preso in mano il phon, per asciugare quei calzini (arancioni) che la nonna aveva lavato in extremis, chiedendosi in dialetto dove l'avessero fabbricata, sua figlia e suo genero, una bambina tanto capricciosa. 


E insomma, alle 13 dello stesso giorno, sfoggiavo soddisfatta i miei calzini arancioni, facendo roteare il piedino in aria mentre guardavo La casa nella prateria e mi immaginavo di essere Laura Ingalls, perché in fondo le trecce ce le avevo anche io. Le stesse che facevo fare e rifare ogni mattina alla nonna, finché non erano proprio simmetriche simmetriche. E finché lei non andava a pigliare in bagno la brillantina Linetti del nonno, dicendomi che era magica e con quella sicuro sarebbero venute dritte e uguali. Io ci credevo, ma poi l'inganno l'ho scoperto. 
Sì, mia nonna è bravissima a mentire. Lo testimonia la storia di mio cugino Luca e della pasta al pomodoro. Lui la voleva senza formaggio, perché il grana non piaceva alla sua amichetta della scuola materna e quindi era più fico fare anche lui il no-parmigiano-bimbo. Ma per mia nonna questa cosa della pastasciutta senza formaggio non era proprio concepibile. Cioè, immaginatevi, che so, il vestito di Babbo Natale blu anziché rosso. O il risotto alla milanese senza zafferano. Impossibile. Con queste solide convinzioni, nonna Renata guardava il senso più generale delle cose, senza fermarsi al dettaglio. Che saranno mai stati quei puntini bianchi che ricamavano la polpa di pomodoro? <<Hai messo il formaggio, nonna?>>, chiedeva Luca quasi di rito, <<Nooooooo, io non te le dico le bugie!>>, rispondeva serissima la Renata. E poi si vantava con Lucia (la mamma di Luca) del fatto che il bambino la sua pastasciutta la mangiava anche con il formaggio.


Quando stamattina ho incontrato mio nonno e gli ho fatto gli auguri, lui mi ha ringraziata, anche se metterei la mano sul fuoco che non si ricordasse che il 2 ottobre è la festa dei nonni. E non perché sia un tipo poco sveglio, anzi, solo che il giorno è stata ufficializzato solo nel 2005, più o meno sulla scia della moda a-ciascuno-la-sua-festa, e nove anni sono pochi per imprimersi nel calendario emotivo della gente. Pensate se San Valentino fosse stato istituito da così pochi anni: ci sarebbero almeno la metà dei cuori di cioccolata in giro, sentiremmo un decimo delle frasi comunemente alternative sulla commercialità dell'evento e i fioristi passerebbero dal Natale diretti alla primavera. 
Dicevo, comunque, che Amedeo, mio nonno, ha mantenuto lo stesso fare imperturbabile di quando, qualche anno fa, ha scoperto che il ragazzo di mia sorella aveva dormito da noi. (In camera di mia sorella). Deve aver avuto una vera e propria tempesta emotiva, con tanto di grandine, ma, anziché infastidire l'intorno bagnando e rovinando i tetti delle automobili, quella grandine l'ha raccolta in un bicchiere e ci ha fatto una granita. Conoscendolo, al gusto granatina, che - mi ha spiegato mille volte - è altrettanto dolce ma non nauseante come l'amarena. Anche se poi non ha certo lasciato cadere la questione, riferendo a mia madre che Rosa stava diventando un po' birichina... Tuttavia, niente show in presa diretta con l'imbarazzata nipote e l'altrettanto-o-forse-più imbarazzato fidanzato.
Qualche giorno fa cercavo di far capire ad Amedeo che essere gay non è una malattia, ma uno stato ontologico. Come uno che nasce biondo e uno che nasce castano. O uno a cui piace il dolce e uno a cui piace il salato. Gli ho fatto vedere la lista di miei amici e conoscenti omosessuali su facebook e lui all'inizio ha faticato un po' ad afferrare la questione, ma poi ha chiosato con un <<Se se, t'ha get semper risù>> (dal dialetto bresciano: sì sì, hai sempre ragione).


Pensandoci, avrei potuto indossare un paio di calzini arancioni oggi. E l'avrei fatto, se non fosse che di capi arancioni ne ho un bel po', ma di calzini nemmeno uno. Una rosa arancione, comunque, potrebbe dire tutte quelle cose che nella quotidianità non ho il tempo di esprimere come dovrei: grazie, prego, certe vostre raccomandazioni le ascolto solo perché è più facile asserire che ribattere, per favore (restate per sempre), siete bellissimi, vi voglio bene.


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